domenica 18 dicembre 2011
Jimi Hendrix- Fillmore East, NY 5/10/68
1-Lover Man
2-Fire
3-Foxy Lady
4-Introduction to Red House
5-Red House
6-Hey Joe
7-Sunshine Of Your Love
8-Hear My Train A Comin'
9-Can You Please Crawl Out Your Window
10-Purple Haze
11. Wild Thing
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2-Fire
3-Foxy Lady
4-Introduction to Red House
5-Red House
6-Hey Joe
7-Sunshine Of Your Love
8-Hear My Train A Comin'
9-Can You Please Crawl Out Your Window
10-Purple Haze
11. Wild Thing
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martedì 13 dicembre 2011
È facile dare la colpa agli zingari
È facile dare la colpa
agli zingari
La Francia li espelle, l’Italia
cerca di schedarli. I rom sono
diventati il capro espiatorio
preferito degli europei.
Antonio Tabucchi, Le Monde Magazine, Francia
---
L’iniziativa di Nicolas Sarkozy di
espellere gli zingari romeni dalla
Francia può essere letta come
la continuazione dello stesso
disegno politico che gli aveva ispirato il
dibattito sull’“identità nazionale”. Cosa
signiicasse quest’idea è stato subito chiaro:
uno sbiancamento, un modo per non
considerare la storia nel suo insieme, la defecazione
di tutte le impurità che la storia
di ogni nazione necessariamente comporta,
per costruire una storia artificiale come
ha cercato di fare l’Italia negli ultimi anni e
come aveva fatto Milosevic in Serbia. Questo
progetto è fallito perché l’idea che i
francesi hanno di sé è migliore e più nobile
di quello che Sarkozy pensava.
Il rimpatrio dei rom attuato in maniera
così clamorosa e propagandistica mi sembra
socialmente più nocivo del progetto
dell’identità nazionale.
Non solo per la Francia ma anche per il resto dell’Europa,
perché introduce zizzania a livello sociale.
Inocula nei cittadini culturalmente più fragili
l’idea che la causa del disagio sociale,
dei problemi economico-sociali più evidenti
– la disoccupazione, le violenze nelle
ban lieues, l’impunità dei grandi gruppi inanziari
ed economici, le spese militari, il
disastro dell’ambiente, l’enorme insicurezza
dei cittadini – sia tutta colpa degli zingari.
La ricerca di un capro espiatorio è una
vecchia storia dell’Europa.
Non è necessaria una profonda cultura per sapere che il
capro espiatorio e il razzismo si alleano da
sempre nei momenti più difficili.
Si comincia dai più poveri, poi si arriva agli ebrei,
agli arabi, agli omosessuali, agli handicappati,
ai deboli, agli intellettuali, ai dissidenti politici.
L’Italia di Berlusconi ha cominciato prima
di Sarkozy.
Nel 2008 il ministro dell’interno
Roberto Maroni ha dato il via a un
censimento per rilevare le impronte digitali
dei bambini zingari nei campi, che è passato
praticamente inosservato nei paesi europei.
Allo stesso tempo una campagna
governativa basata sul concetto di sicurezza
indirizzava verso i rom il disagio e il risentimento
della popolazione italiana.
Banale indiferenza.
L’Italia ha reagito con l’indifferenza, così
come reagì con indifferenza alle leggi razziali
firmate da Vittorio Emanuele III di Savoia nel 1938.
Leggi che permisero alla polizia di effettuare una schedatura di tutti i cognomi degli ebrei italiani e che resero un gioco da ragazzi la deportazione degli
ebrei da parte dell’occupante nazista. Non
vogliamo più schedature in Europa. Che
questi tetri ministri schedino le loro famiglie.
La grande forza del razzismo è la sua
banalità. Il razzista, lo xenofobo, non è un
mostro che popola il nostro immaginario.
Come Hannah Arendt ha detto del nazismo,
evocando la banalità del male, di solito
il razzista è un rispettabile padre di famiglia
che, con buone intenzioni, desidera
rieducare o isolare quelle frange irregolari
della società che sono “brutte, sporche e
cattive”, per usare il titolo di un f ilm celebre.
Il maggiore storico contemporaneo del
razzismo, George Mosse, ha osservato che
il razzismo tende a diventare il punto di vista
della maggioranza. E che la maggioranza
tende a eliminare naturalmente la minoranza,
perché (e qui sta il salto logico
constatabile oggi in Francia e in Italia) il
razzismo fa credere che criminali si nasce,
non si diventa. Si è criminali se si appartiene
a una certa etnia, indipendentemente
dal delitto che si può commettere. Rientrare
in quella categoria è già un delitto. E infatti
una spaventosa legge del governo Berlusconi
considera ontologicamente criminali
coloro che vivono in Italia senza documenti.
Non si finisce in galera perché si è
commesso un crimine, come vorrebbe il
codice penale in un paese democratico, ma
per un “meta-crimine”, cioè perché non si è uguali agli altri.
Che il Consiglio d’Europa abbia accettato
questa legge, che offende gli elementari
diritti dell’uomo e va contro la volontà
delle Nazioni Unite, è il sintomo di un vuoto
giuridico. Purtroppo è ancora grande il
passo che l’Europa deve fare se vuole costruire
una solida idea di cittadinanza comune.
Il problema è che esiste un circuito
perverso tra istituzioni statali e politica: i
politici sono lo stato, ma all’idea di stato
antepongono il consenso elettorale, la ricerca
del voto, gli affari. La crisi della democrazia,
che è anche una crisi dello stato, consiste anche in questo.
L’intervista che il ministro dell’interno
francese Brice Hortefeux ha rilasciato a Le
Monde il 23 agosto è allarmante: in essa sono
evidenti il populismo più spicciolo, il
decisionismo che privilegia l’azione sul
pensiero e sulla rilessione, e il disprezzo
per la cultura e per gli intellettuali, cioè per
chi pensa. Perché coloro che pensano (i filosofi,
i sociologi, gli antropologi, i giuristi,
gli intellettuali insomma) si pongono dei dubbi.
È sul dubbio che si fonda la scienza, è
sul dubbio che si fonda la ricerca della verità.
Questa ricerca spesso è difficile, a volte
impossibile, ma in questo caso non si tratta
dell’esistenza di dio o dell’origine della
specie. Fa impressione sentire un ministro
che, quando gli viene chiesto se le critiche
ricevute dal suo governo non siano imbarazzanti,
risponde: “Vi invito a non confondere
il piccolo circolo politico-mediatico
parigino con la realtà della società francese.
La sicurezza è uno dei diritti principali.
Quelli che dicono il contrario non sono i
meno privilegiati. Siete accecati dal sentimento
dominante dei cosiddetti benpensanti
che, mentre si compiacciono dei loro
pensieri, rinunciano ad agire. Sulle questioni
della sicurezza e dell’immigrazione
il messaggio che hanno dato i francesi questa
primavera è stato chiarissimo. Non siamo
sordi né ciechi. Solo gli intellettuali di
Saint-Germain-des-Prés non lo capiscono”.
Forse Hortefeux pensa che la chiesa, il
papa, l’Unione europea e l’Onu abbiano un
ufficio a Saint-Germain-des-Prés? E cosa
significa l’altra sua dichiarazione che “in
realtà, l’azione intrapresa dal presidente
riunisce i francesi?”. Il verbo rassembler
evoca raduni di triste memoria, ma in questo
caso credo sia un infelice lapsus:
il ministro confessa innocentemente i motivi
elettorali che stanno dietro questo progetto.
no evidentemente un problema. La Francia,
l’Italia, l’Europa hanno i mezzi e le capacità
per affrontare in maniera seria e decente un problema reale.
Che lo affrontino e che lo risolvano.
Inoltre, giustificare un’azione giuridicamente
scorretta appellandosi a paesi che
l’hanno già fatta è inaccettabile: “La politica
francese sui rom è già messa in pratica
da altri paesi europei. Perché quello che è
accettabile altrove è condannabile in Francia?”.
L’Eliseo ha mandato un messaggio
all’Iran perché una donna non venga lapidata.
Immagino lo stupore del governo
francese se Ahmadinejad avesse risposto
che la politica iraniana sull’adulterio è già
praticata in altri paesi arabi, e quindi perché
mai quello che è accettabile altrove
dovrebbe essere condannabile in Iran.
Hortefeux conclude: “Il nostro è uno
dei paesi più sicuri del mondo”. Grazie alla
caccia ai rom, è sottinteso. E tutti coloro
che difendono la dignità delle persone e i
diritti dell’uomo sono dei “sedicenti benpensanti”,
o “la sinistra miliardaria”. Bene,
andiamo a vedere chi ha davvero i miliardi.
Ma, a proposito, avete mai sentito un rom
rivendicare un attentato su un aereo di linea?
Il problema è che il popolo può essere
rassemblé sotto idee poco nobili, il peggio
spesso attira le folle più del meglio. Perché
per il meglio sono necessarie cultura, educazione,
tolleranza, civiltà.
È possibile che un ministro europeo non
abbia ancora capito il signiicato della parola
“cittadinanza”? Gli zingari (romeni,
bulgari, italiani o francesi) sono cittadini
come tutti noi. E poiché l’Europa esiste, e
nella sua essenza primaria il concetto di
cittadinanza è fondamentale, Hortefeux
(ma anche il ministro Maroni, la Lega nord
e tutti quelli che condividono la stessa
mentalità) dovranno capire questo concetto
elementare. A meno che non vogliano
correre il rischio di dividere profondamente
i cittadini europei invece di riunirli.
La vergogna dell’Europa.
Possibile che l’Europa abbia già dimenticato
la sua vergogna? Dobbiamo ricordare
che ad Auschwitz sono stati bruciati tra i
500mila e i 700mila zingari (la stima è incerta
per un popolo privo di carte d’identità)?
Possibile che si debbano ricordare i
tempi più bui che la Francia ha riservato
alle gens du voyage? Gli zingari costituiscono evidentemente un problema. La Francia,
l’Italia, l’Europa hanno i mezzi e le capacità
per affrontare in maniera seria e
decente un problema reale.
Che lo affrontino e che lo risolvano.
Inoltre, giustificare un’azione giuridicamente
scorretta appellandosi a paesi che
l’hanno già fatta è inaccettabile: “La politica
francese sui rom è già messa in pratica
da altri paesi europei. Perché quello che è
accettabile altrove è condannabile in Francia?”.
L’Eliseo ha mandato un messaggio
all’Iran perché una donna non venga lapidata.
Immagino lo stupore del governo
francese se Ahmadinejad avesse risposto
che la politica iraniana sull’adulterio è già
praticata in altri paesi arabi, e quindi perché
mai quello che è accettabile altrove
dovrebbe essere condannabile in Iran.
Hortefeux conclude: “Il nostro è uno
dei paesi più sicuri del mondo”. Grazie alla
caccia ai rom, è sottinteso. E tutti coloro
che difendono la dignità delle persone e i
diritti dell’uomo sono dei “sedicenti benpensanti”,
o “la sinistra miliardaria”. Bene,
andiamo a vedere chi ha davvero i miliardi.
Ma, a proposito, avete mai sentito un rom
rivendicare un attentato su un aereo di li-
nea? L’11 dicembre 2007 la Francia è stata
il primo paese occidentale a ricevere il colonnello
Muammar Gheddai. La Libia è
stata considerata uno stato canaglia fino a
tre o quattro anni fa, quando Condoleezza
Rice, per motivi misteriosi, ha restituito a
Tripoli una “verginità” che l’amministrazione
Obama non accetta.
I miliardi nella tenda
Agli occhi di Sarkozy non tutti i nomadi sono
uguali: alcuni possono persino piantare
le tende nei giardini dell’Hôtel de Marigny.
Ma nella tenda beduina del colonnello
Gheddai non c’erano i poveri oggetti delle
tende dei rom. C’erano i miliardi. L’ospitalità
dell’Eliseo ha fruttato alla Francia dieci
miliardi di euro. Oltre alla fornitura di reattori
nucleari destinati (ufficialmente) ad
alimentare impianti di desalinizzazione, la
Francia di Sarkozy, grazie a “negoziati
esclusivi per l’acquisto di equipaggiamento
militare”, gli ha venduto quattordici caccia
Rafale e 35 elicotteri da combattimento.
Forse il governo francese l’ha fatto per nobili
motivi, visto che in quell’occasione
Sarkozy dichiarò: “Ho chiesto al leader libico
di fare progressi sulla via dei diritti
umani”. Bravo.
I “progressi” del leader libico non si sono
fatti attendere. Nel 2008 Berlusconi ha
irmato con Gheddai il trattato di amicizia
italo-libico. Un trattato economico-commerciale
che mette in gioco dei miliardi e
l’accesso alle banche italiane. Il terrorista
libico che nel 1988 piazzò la bomba sull’aereo
della PanAm e che era in prigione a vita,
è stato liberato dalle autorità britanniche
per “motivi umanitari” ed è tornato in
Libia ricevendo un’accoglienza da eroe nazionale.
I successi diplomatici del colonnello Gheddafi sono evidenti.
Il ministro Hortefeux dovrà ammettere
che non tutti i difensori dei diritti umani
sono dei “sedicenti benpensanti”.
Confesso di essere un malpensante.
Come lo sono molti in questa Europa dove
“la Francia è uno dei paesi più sicuri del mondo”.
È vero che i servizi libici circolano ormai indisturbati
in certi paesi europei?
Forse lo fanno per proteggerci dai rom.
agli zingari
La Francia li espelle, l’Italia
cerca di schedarli. I rom sono
diventati il capro espiatorio
preferito degli europei.
Antonio Tabucchi, Le Monde Magazine, Francia
---
L’iniziativa di Nicolas Sarkozy di
espellere gli zingari romeni dalla
Francia può essere letta come
la continuazione dello stesso
disegno politico che gli aveva ispirato il
dibattito sull’“identità nazionale”. Cosa
signiicasse quest’idea è stato subito chiaro:
uno sbiancamento, un modo per non
considerare la storia nel suo insieme, la defecazione
di tutte le impurità che la storia
di ogni nazione necessariamente comporta,
per costruire una storia artificiale come
ha cercato di fare l’Italia negli ultimi anni e
come aveva fatto Milosevic in Serbia. Questo
progetto è fallito perché l’idea che i
francesi hanno di sé è migliore e più nobile
di quello che Sarkozy pensava.
Il rimpatrio dei rom attuato in maniera
così clamorosa e propagandistica mi sembra
socialmente più nocivo del progetto
dell’identità nazionale.
Non solo per la Francia ma anche per il resto dell’Europa,
perché introduce zizzania a livello sociale.
Inocula nei cittadini culturalmente più fragili
l’idea che la causa del disagio sociale,
dei problemi economico-sociali più evidenti
– la disoccupazione, le violenze nelle
ban lieues, l’impunità dei grandi gruppi inanziari
ed economici, le spese militari, il
disastro dell’ambiente, l’enorme insicurezza
dei cittadini – sia tutta colpa degli zingari.
La ricerca di un capro espiatorio è una
vecchia storia dell’Europa.
Non è necessaria una profonda cultura per sapere che il
capro espiatorio e il razzismo si alleano da
sempre nei momenti più difficili.
Si comincia dai più poveri, poi si arriva agli ebrei,
agli arabi, agli omosessuali, agli handicappati,
ai deboli, agli intellettuali, ai dissidenti politici.
L’Italia di Berlusconi ha cominciato prima
di Sarkozy.
Nel 2008 il ministro dell’interno
Roberto Maroni ha dato il via a un
censimento per rilevare le impronte digitali
dei bambini zingari nei campi, che è passato
praticamente inosservato nei paesi europei.
Allo stesso tempo una campagna
governativa basata sul concetto di sicurezza
indirizzava verso i rom il disagio e il risentimento
della popolazione italiana.
Banale indiferenza.
L’Italia ha reagito con l’indifferenza, così
come reagì con indifferenza alle leggi razziali
firmate da Vittorio Emanuele III di Savoia nel 1938.
Leggi che permisero alla polizia di effettuare una schedatura di tutti i cognomi degli ebrei italiani e che resero un gioco da ragazzi la deportazione degli
ebrei da parte dell’occupante nazista. Non
vogliamo più schedature in Europa. Che
questi tetri ministri schedino le loro famiglie.
La grande forza del razzismo è la sua
banalità. Il razzista, lo xenofobo, non è un
mostro che popola il nostro immaginario.
Come Hannah Arendt ha detto del nazismo,
evocando la banalità del male, di solito
il razzista è un rispettabile padre di famiglia
che, con buone intenzioni, desidera
rieducare o isolare quelle frange irregolari
della società che sono “brutte, sporche e
cattive”, per usare il titolo di un f ilm celebre.
Il maggiore storico contemporaneo del
razzismo, George Mosse, ha osservato che
il razzismo tende a diventare il punto di vista
della maggioranza. E che la maggioranza
tende a eliminare naturalmente la minoranza,
perché (e qui sta il salto logico
constatabile oggi in Francia e in Italia) il
razzismo fa credere che criminali si nasce,
non si diventa. Si è criminali se si appartiene
a una certa etnia, indipendentemente
dal delitto che si può commettere. Rientrare
in quella categoria è già un delitto. E infatti
una spaventosa legge del governo Berlusconi
considera ontologicamente criminali
coloro che vivono in Italia senza documenti.
Non si finisce in galera perché si è
commesso un crimine, come vorrebbe il
codice penale in un paese democratico, ma
per un “meta-crimine”, cioè perché non si è uguali agli altri.
Che il Consiglio d’Europa abbia accettato
questa legge, che offende gli elementari
diritti dell’uomo e va contro la volontà
delle Nazioni Unite, è il sintomo di un vuoto
giuridico. Purtroppo è ancora grande il
passo che l’Europa deve fare se vuole costruire
una solida idea di cittadinanza comune.
Il problema è che esiste un circuito
perverso tra istituzioni statali e politica: i
politici sono lo stato, ma all’idea di stato
antepongono il consenso elettorale, la ricerca
del voto, gli affari. La crisi della democrazia,
che è anche una crisi dello stato, consiste anche in questo.
L’intervista che il ministro dell’interno
francese Brice Hortefeux ha rilasciato a Le
Monde il 23 agosto è allarmante: in essa sono
evidenti il populismo più spicciolo, il
decisionismo che privilegia l’azione sul
pensiero e sulla rilessione, e il disprezzo
per la cultura e per gli intellettuali, cioè per
chi pensa. Perché coloro che pensano (i filosofi,
i sociologi, gli antropologi, i giuristi,
gli intellettuali insomma) si pongono dei dubbi.
È sul dubbio che si fonda la scienza, è
sul dubbio che si fonda la ricerca della verità.
Questa ricerca spesso è difficile, a volte
impossibile, ma in questo caso non si tratta
dell’esistenza di dio o dell’origine della
specie. Fa impressione sentire un ministro
che, quando gli viene chiesto se le critiche
ricevute dal suo governo non siano imbarazzanti,
risponde: “Vi invito a non confondere
il piccolo circolo politico-mediatico
parigino con la realtà della società francese.
La sicurezza è uno dei diritti principali.
Quelli che dicono il contrario non sono i
meno privilegiati. Siete accecati dal sentimento
dominante dei cosiddetti benpensanti
che, mentre si compiacciono dei loro
pensieri, rinunciano ad agire. Sulle questioni
della sicurezza e dell’immigrazione
il messaggio che hanno dato i francesi questa
primavera è stato chiarissimo. Non siamo
sordi né ciechi. Solo gli intellettuali di
Saint-Germain-des-Prés non lo capiscono”.
Forse Hortefeux pensa che la chiesa, il
papa, l’Unione europea e l’Onu abbiano un
ufficio a Saint-Germain-des-Prés? E cosa
significa l’altra sua dichiarazione che “in
realtà, l’azione intrapresa dal presidente
riunisce i francesi?”. Il verbo rassembler
evoca raduni di triste memoria, ma in questo
caso credo sia un infelice lapsus:
il ministro confessa innocentemente i motivi
elettorali che stanno dietro questo progetto.
no evidentemente un problema. La Francia,
l’Italia, l’Europa hanno i mezzi e le capacità
per affrontare in maniera seria e decente un problema reale.
Che lo affrontino e che lo risolvano.
Inoltre, giustificare un’azione giuridicamente
scorretta appellandosi a paesi che
l’hanno già fatta è inaccettabile: “La politica
francese sui rom è già messa in pratica
da altri paesi europei. Perché quello che è
accettabile altrove è condannabile in Francia?”.
L’Eliseo ha mandato un messaggio
all’Iran perché una donna non venga lapidata.
Immagino lo stupore del governo
francese se Ahmadinejad avesse risposto
che la politica iraniana sull’adulterio è già
praticata in altri paesi arabi, e quindi perché
mai quello che è accettabile altrove
dovrebbe essere condannabile in Iran.
Hortefeux conclude: “Il nostro è uno
dei paesi più sicuri del mondo”. Grazie alla
caccia ai rom, è sottinteso. E tutti coloro
che difendono la dignità delle persone e i
diritti dell’uomo sono dei “sedicenti benpensanti”,
o “la sinistra miliardaria”. Bene,
andiamo a vedere chi ha davvero i miliardi.
Ma, a proposito, avete mai sentito un rom
rivendicare un attentato su un aereo di linea?
Il problema è che il popolo può essere
rassemblé sotto idee poco nobili, il peggio
spesso attira le folle più del meglio. Perché
per il meglio sono necessarie cultura, educazione,
tolleranza, civiltà.
È possibile che un ministro europeo non
abbia ancora capito il signiicato della parola
“cittadinanza”? Gli zingari (romeni,
bulgari, italiani o francesi) sono cittadini
come tutti noi. E poiché l’Europa esiste, e
nella sua essenza primaria il concetto di
cittadinanza è fondamentale, Hortefeux
(ma anche il ministro Maroni, la Lega nord
e tutti quelli che condividono la stessa
mentalità) dovranno capire questo concetto
elementare. A meno che non vogliano
correre il rischio di dividere profondamente
i cittadini europei invece di riunirli.
La vergogna dell’Europa.
Possibile che l’Europa abbia già dimenticato
la sua vergogna? Dobbiamo ricordare
che ad Auschwitz sono stati bruciati tra i
500mila e i 700mila zingari (la stima è incerta
per un popolo privo di carte d’identità)?
Possibile che si debbano ricordare i
tempi più bui che la Francia ha riservato
alle gens du voyage? Gli zingari costituiscono evidentemente un problema. La Francia,
l’Italia, l’Europa hanno i mezzi e le capacità
per affrontare in maniera seria e
decente un problema reale.
Che lo affrontino e che lo risolvano.
Inoltre, giustificare un’azione giuridicamente
scorretta appellandosi a paesi che
l’hanno già fatta è inaccettabile: “La politica
francese sui rom è già messa in pratica
da altri paesi europei. Perché quello che è
accettabile altrove è condannabile in Francia?”.
L’Eliseo ha mandato un messaggio
all’Iran perché una donna non venga lapidata.
Immagino lo stupore del governo
francese se Ahmadinejad avesse risposto
che la politica iraniana sull’adulterio è già
praticata in altri paesi arabi, e quindi perché
mai quello che è accettabile altrove
dovrebbe essere condannabile in Iran.
Hortefeux conclude: “Il nostro è uno
dei paesi più sicuri del mondo”. Grazie alla
caccia ai rom, è sottinteso. E tutti coloro
che difendono la dignità delle persone e i
diritti dell’uomo sono dei “sedicenti benpensanti”,
o “la sinistra miliardaria”. Bene,
andiamo a vedere chi ha davvero i miliardi.
Ma, a proposito, avete mai sentito un rom
rivendicare un attentato su un aereo di li-
nea? L’11 dicembre 2007 la Francia è stata
il primo paese occidentale a ricevere il colonnello
Muammar Gheddai. La Libia è
stata considerata uno stato canaglia fino a
tre o quattro anni fa, quando Condoleezza
Rice, per motivi misteriosi, ha restituito a
Tripoli una “verginità” che l’amministrazione
Obama non accetta.
I miliardi nella tenda
Agli occhi di Sarkozy non tutti i nomadi sono
uguali: alcuni possono persino piantare
le tende nei giardini dell’Hôtel de Marigny.
Ma nella tenda beduina del colonnello
Gheddai non c’erano i poveri oggetti delle
tende dei rom. C’erano i miliardi. L’ospitalità
dell’Eliseo ha fruttato alla Francia dieci
miliardi di euro. Oltre alla fornitura di reattori
nucleari destinati (ufficialmente) ad
alimentare impianti di desalinizzazione, la
Francia di Sarkozy, grazie a “negoziati
esclusivi per l’acquisto di equipaggiamento
militare”, gli ha venduto quattordici caccia
Rafale e 35 elicotteri da combattimento.
Forse il governo francese l’ha fatto per nobili
motivi, visto che in quell’occasione
Sarkozy dichiarò: “Ho chiesto al leader libico
di fare progressi sulla via dei diritti
umani”. Bravo.
I “progressi” del leader libico non si sono
fatti attendere. Nel 2008 Berlusconi ha
irmato con Gheddai il trattato di amicizia
italo-libico. Un trattato economico-commerciale
che mette in gioco dei miliardi e
l’accesso alle banche italiane. Il terrorista
libico che nel 1988 piazzò la bomba sull’aereo
della PanAm e che era in prigione a vita,
è stato liberato dalle autorità britanniche
per “motivi umanitari” ed è tornato in
Libia ricevendo un’accoglienza da eroe nazionale.
I successi diplomatici del colonnello Gheddafi sono evidenti.
Il ministro Hortefeux dovrà ammettere
che non tutti i difensori dei diritti umani
sono dei “sedicenti benpensanti”.
Confesso di essere un malpensante.
Come lo sono molti in questa Europa dove
“la Francia è uno dei paesi più sicuri del mondo”.
È vero che i servizi libici circolano ormai indisturbati
in certi paesi europei?
Forse lo fanno per proteggerci dai rom.
martedì 22 novembre 2011
lunedì 21 novembre 2011
venerdì 18 novembre 2011
lunedì 14 novembre 2011
Graham Parker & The Rumour
Grande e misconosciuto Graham, mai riuscito a vederlo dal vivo, alla Roundhouse non mi hanno fatto entrare perchè full out.
000000000000000000000000000000000
000000000000000000000000000000000
sabato 12 novembre 2011
venerdì 11 novembre 2011
martedì 1 novembre 2011
domenica 30 ottobre 2011
David Gilmour - I Put A Spell On You
"I Put a Spell on You" written in 1956 by Screamin' Jay Hawkins , covered in this video by Mica Paris, David Gilmour, and Jools Holland in 2002.
venerdì 2 settembre 2011
giovedì 1 settembre 2011
martedì 30 agosto 2011
giovedì 21 luglio 2011
greenmanalishi superstar
mercoledì 20 luglio 2011
sabato 2 luglio 2011
Norma
16 Novembre 1923 - 2 Luglio 2011
E' difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
Sei insostituibile. Per questo è dannata
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
alla solitudine la vita che mi hai data.
Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu
E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
d'amore, dell'amore di corpi senza anima.
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita.
ho passato l'infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Sopravviviamo: ed è la confusione
Era l'unico modo per sentire la vita,
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile...
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
mercoledì 29 giugno 2011
giovedì 9 giugno 2011
venerdì 20 maggio 2011
Basquiat
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DOWNTOWN 81
Edo Bertoglio, 1981/2000
A feature film starring the legendary American artist Jean Michel Basquiat (1960-1988). Basquiat was a painter, graffiti artist, poet and musician when he played the lead in this film, which vividly depicts the explosive downtown New York art and music scene of 1980-81. Basquiat was an important figure on that scene. He had yet to have his first exhibition. But his paintings and words were part of the city landscape. Today, his paintings hang in museums and important collections around the world and he is internationally recognized as one of the most important artists of the late twentieth century.
The film is a day in the life of a young artist who needs to raise money to reclaim the apartment from which he has been evicted. He wanders the downtown streets carrying a painting he hopes to sell, encountering friends, whose lives (and performances) we peek into. He finally manages to sell his painting to a wealthy female admirer, but he’s paid by check. Low on cash, he spends the evening wandering from club to club, looking for a beautiful girl he had met earlier, so he’ll have a place to spend the night.
Basquiat is a natural actor - witty, radiant, the epitome of coolness and artistic exuberance. The cast includes Deborah Harry, and leading bands of the era including Kid Creole and the Coconuts, James White and the Blacks, DNA, Tuxedomoon, The Plastics, and Walter Steding and the Dragon People. Also heard on the soundtrack are rap legend Melle Mel, John Lurie, Lydia Lunch, Suicide, Vincent Gallo, Kenny Burrell and Basquiat’s own band, Gray.
The film is not a documentary, but presents a slightly exaggerated, romantic and magical version of the reality of the time. The entire cast is composed of the movers and shakers on the downtown scene. In 1981, business problems interrupted the completion of post-production, and parts of the film were lost in Europe. Finally after much searching, the missing materials were located in 1998. Post production was begun in 1999 and finished in 2000, supervised by Maripol and Glenn O’Brien.
Jean Michel Basquiat was 19 years old when he was cast in Downtown 81. His twentieth birthday came during the shooting of the film. Basquiat was already a notorious member of the downtown art scene, known for his witty, omnipresent "Samo" graffiti, his unique band Gray, and his general creativity and stylishness. He was a painter without a studio, making art with whatever was at hand, sweatshirts, refrigerators, doors and discarded wood. Around this time he met Glenn O’Brien, who was working on an article about graffiti. They became friends and Glenn wrote the main part for Jean Michel. During filming, the young artist lived in the production office, where he had his first real studio space. In 1981, Basquiat was one of the art stars of the "New York New Wave Show" at PS1 Institute for Art, where he exhibited several paintings. It was the beginning of a meteoric rise, and within a year he was one of the hottest artists in the world.
Edo Bertoglio, 1981/2000
A feature film starring the legendary American artist Jean Michel Basquiat (1960-1988). Basquiat was a painter, graffiti artist, poet and musician when he played the lead in this film, which vividly depicts the explosive downtown New York art and music scene of 1980-81. Basquiat was an important figure on that scene. He had yet to have his first exhibition. But his paintings and words were part of the city landscape. Today, his paintings hang in museums and important collections around the world and he is internationally recognized as one of the most important artists of the late twentieth century.
The film is a day in the life of a young artist who needs to raise money to reclaim the apartment from which he has been evicted. He wanders the downtown streets carrying a painting he hopes to sell, encountering friends, whose lives (and performances) we peek into. He finally manages to sell his painting to a wealthy female admirer, but he’s paid by check. Low on cash, he spends the evening wandering from club to club, looking for a beautiful girl he had met earlier, so he’ll have a place to spend the night.
Basquiat is a natural actor - witty, radiant, the epitome of coolness and artistic exuberance. The cast includes Deborah Harry, and leading bands of the era including Kid Creole and the Coconuts, James White and the Blacks, DNA, Tuxedomoon, The Plastics, and Walter Steding and the Dragon People. Also heard on the soundtrack are rap legend Melle Mel, John Lurie, Lydia Lunch, Suicide, Vincent Gallo, Kenny Burrell and Basquiat’s own band, Gray.
The film is not a documentary, but presents a slightly exaggerated, romantic and magical version of the reality of the time. The entire cast is composed of the movers and shakers on the downtown scene. In 1981, business problems interrupted the completion of post-production, and parts of the film were lost in Europe. Finally after much searching, the missing materials were located in 1998. Post production was begun in 1999 and finished in 2000, supervised by Maripol and Glenn O’Brien.
Jean Michel Basquiat was 19 years old when he was cast in Downtown 81. His twentieth birthday came during the shooting of the film. Basquiat was already a notorious member of the downtown art scene, known for his witty, omnipresent "Samo" graffiti, his unique band Gray, and his general creativity and stylishness. He was a painter without a studio, making art with whatever was at hand, sweatshirts, refrigerators, doors and discarded wood. Around this time he met Glenn O’Brien, who was working on an article about graffiti. They became friends and Glenn wrote the main part for Jean Michel. During filming, the young artist lived in the production office, where he had his first real studio space. In 1981, Basquiat was one of the art stars of the "New York New Wave Show" at PS1 Institute for Art, where he exhibited several paintings. It was the beginning of a meteoric rise, and within a year he was one of the hottest artists in the world.
THE CLASH
HELL W10
(Joe Strummer, 1983)
This is a bizarre silent, black and white short film directed by the late Joe Strummer, the Clash's frontman. The basic plot surrounds a man named Earl (Clash bassist Paul Simonon) and a drug-lord/porn director named Socrates (their guitarist/singer Mick Jones). Earl's girlfriend gets involved with Socrates and his business, and soon enough Earl becomes the man's number one enemy. Socrates tries to get his goons on Earl's case, especially after he hocks a batch of Socrates' "special" porn, but Earl manages to wrangle up a group of his friends to rebel against them. He's clearly not going to go down without a fight.